Ci sono cose, a questo mondo, di fronte alle quali non si sa se ridere o piangere. Una di queste è senza dubbio la pervicace insistenza con la quale il Capogruppo dell’Opposizione del Comune di Prato si attarda nel gridare sui tetti una verità che è solo sua: il conflitto d’interessi del Sindaco.
Egli sostiene, infatti, che Roberto Cenni non si occupa, come invece dovrebbe, degli interessi di Prato poiché il suo cuore e la sua mente sono, tutti e due, assorbiti dalle vicende della Sasch.
Appare ovvio che la Sasch, secondo il pensiero e la sensibilità di Massimo Carlesi, rappresenta solo ed esclusivamente un affare di famiglia, che non riguarda quattrocento posti di lavoro pratesi.
E grazie all’illuminato pensiero del Capogruppo dell’Opposizione in Consiglio Comunale di Prato, lettore appasionato di bilanci, scopriamo che il Sindaco Roberto Cenni ha aperto un tavolo in regione per la ricerca di una soluzione solo per tutelare i propri interessi privati. Lui, che conosce in profondità la natura reale delle cose ce lo ha rivelato e a noi non dovrebbe restare altro da fare che credergli.
E invece noi non gli crediamo, neanche un poco.
Ed ecco perché.
- Primo, perché il Sindaco Cenni, in poco più d’un anno dalla sua elezione, ha fatto più cose per il risanamento della città di quante i suoi predecessori si sarebbero mai e poi mai sognati anche solo di poter promettere pur sapendo che non avrebbero mai mantenuto le promesse: basti pensare a cos’è successo in un anno a proposito dello smascheramento delle sacche d’illegalità, sostenute anche dalla presenza (e di come questo sia potuto accadere dovrebbero dare una qualche spiegazione i suoi predecessori) della mafia cinese alcuni esponenti della quale sono stati arrestati giusto pochi giorni or sono.
- Secondo perché, a differenza dei proclami ideologici e dei cervellotici algoritmi pseudo socioculturalpoliticheggianti si comincia a ragionare in termini concreti di poche ma serie cose fattibili sulla base delle reali possibilità e non di quelle fumose elucubrazioni a seguito delle quali il territorio pratese è stato letteralmente devastato, violentato e saccheggiato da un’urbanistica che non voglio definir folle per non offendere quella follia alla quale Erasmo da Rotterdam dedicò la sua opera più famosa.
- Terzo perché le trattative che il Sindaco conduce per la crisi della Sasch sono un dovere istituzionale che gli deriva proprio dall’incarico che ricopre. Un dovere che è, al contempo, la miglior garanzia del fatto che la gestione della crisi che vede in pericolo quattrocento posti di lavoro a Prato, venga condotta in modo corretto e non “alla pratese” intendendo, con questa espressione, riferirmi al malcostume generalizzato che ha visto gestire simili crisi, a Prato e altrove, in modo -quello si- davvero personalistico e affaristico, sacrificando senza scrupoli il destino di tanta gente, magari con la complicità occulta di funzionari pubblici e direttori di banche.
Vorremmo invitare il Capogruppo dell’Opposizione del Consiglio Comunale di Prato a riflettere sul fatto che la Sasch è un’azienda pratese del settore tessile-abbigliamento e che, come tale, è del tutto normale che risenta della stessa crisi che da anni ormai s’è abbattuta sull’intero settore e sulla città.
Vorremmo anche sottolineare il fatto che questa crisi è nata e si è aggravata nel corso di trent’anni senza che neanche un cane si desse pensiero di affrontarla dotandosi di strumenti di analisi appropriati e favorendo lo studio di soluzioni quando ancora il tempo a disposizione per poterlo fare era sufficiente. Posso, anzi, affermare con cognizione di causa che quei pochi strumenti utili furono letteralmente distrutti proprio perché mettevano in luce aspetti molto poco onorevoli dell’establishment pratese dell’epoca, (s)governato dall’asse politico formato dall’intreccio d’interessi arciconflittuali della vecchia DC e del vecchio PCI. Cosa facevano i governanti della città di allora? Dormivano? L'amico Massimo potrebbe dare migliore dimostrazione delle sue capacità leggendo i bilanci dell'amministrazione pubblica pratese. E allora scoprirebbe, finalmente anche lui che no, purtroppo non dormivano affatto: i marpioni della politica avevan messo in mano il giocattolo ai ragazzi. Le cose serie e le decisioni le discutevano, evidentemente, fuori dalle sedi istituzionali.
E “i ragazzi” allora che facevano? Giocavano al Risiko e a Monopoli con Prato? A giudicare dai risultati verrebbe da pensare che facessero proprio questo. E ora che sono all’opposizione grazie più alla loro sgangherata e fallimentare gestione della cosa pubblica che alla forza di un avversario vero (che prima di oggi non era mai esistito per merito del mega-inciucio che aveva garantito il comodato gratuito del palazzo comunale alla sinistra e l’accesso ventiquattr’ore non stop trecentosessantacinque -trecentosessantasei negli anni bisestili- giorni all’anno alla stanza dei bottoni alla destra), che fanno? I paladini della correttezza politica? I garanti contro un conflitto d’interessi che non esiste?
Si vede proprio che questi (ormai ex) ragazzi, dopo che li hanno sfrattati dalla sala giochi comunale, non hanno proprio più nulla di meglio da fare.
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