martedì 20 luglio 2010

Nota semiseria di mezz'estate sulle dimissioni d'un assessore del Comune di Prato.

Ed eccoci qui, ad assistere non all'opera verdiana, beninteso, ma all'operetta, tutta pratese, tutta politichese, delle accuse di irregolarità da "principianti" tuonate da parte di chi, verso quella stessa tipologia di irregolarità -in modi e forme ben più gravi- s'era mostrato più che "esperto" in tolleranza quando si verificava in casa sua. Qualcuno avrebbe parlato di occhi, di pagliuzze e di travi. Ma gli andò maluccio e quindi meglio lasciar perdere.
Ma non c'è da meravigliarsi (né, tanto meno, da scandalizzarsi) più di tanto: è la prassi consolidata del politico di professione. Vorremmo forse accusare il cane d'abbiare, o l'asino di ragliare? Ma no... ci mancherebbe altro. A ognuno il suo: ai principianti della politica la possibilità d'incappare in errori da principianti e agli esperti della politica, ai professionisti seri dell'accattonaggio elettorale, quella d'infierire con cipiglio irsuto sugli errori del nemico.
Se questo vale per tutto il Gran Feudo Peninsulare, figuriamoci a Prato, terra di conquista per chiunque, venuto ad abitarci da lontano, si è potuto tranquillamente accomodare nelle stanze del governo della città, arrivando a diventarne primo cittadino prima e governatore dello stesso Granducato poi.
A Prato la professione di politico ha sempre pagato bene. Basta dotarsi dell'armamentario giusto: armi pesanti per gli avversari e coltelli corti e affilati per i nemici. Gli avversari sono, ovviamente, nei partiti della concorrenza. I nemici, invece, sono quelli che hai in casa.
Il politico di professione a Prato ha trovato per più di sessant'anni il suo Eldorado, la Terra Promessa, l'Eden, il Jannat Allah. A Prato, terra dell'inciucio, il patto di titanio fra lobbies ha garantito per decenni il comodato gratuito del Palazzo Comunale alle sinistre e affiliati, e l'accesso libero, vntiquattr'ore non-stop, alla stanza dei bottoni alle destre e accoliti.
Funzionava tutto così bene, allora. Una volta consacrato assessore potevi prendere la nuora e incardinarla come tua segretaria e nessuno avrebbe avuto nulla da dire.
E poi, le destre, cosa avevano da lamentarsi? Han sempre fatto tutto quello che volevano. Avevan proprio bisogno di vincerle, queste stramaledette votazioni? Per sessant'anni, quando era in vigore il patto di titanio, nessuno aveva messo i bastoni fra le ruote a nessuno. Tu dai un museo a me io svincolo i terreni a te. Do ut des, una mano lava l'altra e tutt'e due lavano il viso e, all'occorrenza tappano occhi, orecchi e naso, a seconda della bisogna.
I magistrati, poi, non hanno mai rotto le scatole a nessuno. Praticamente angeli. Hanno sempre avuto il loro bel da fare, a Prato, nell'occuparsi del saccheggio successivo alle cause fallimentari col giro di valzer di periti indaffarati a gestire immobili che passan di mano veloci come saette: prendi cento e paghi uno. Facciamo uno e mezzo, black and white, e siamo pari. Figuriamoci se avevano il tempo di occuparsi di cinesi, immigrazione clandestina, droga, prostituzione e bischerate del genere.
Insomma si stava tutti bene fino a quando è arrivato il Cenni a rompere gli zebedei. A tutti, nessuno escluso. E allora?
Allora vendetta, tremenda vendetta!
Attento Roberto. Attento al buffone...

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