giovedì 28 giugno 2007

C'era una volta "quella" Prato ...

C’era una volta, non molto tempo fa, una cittadina del centro Italia che aveva fatto la sua fortuna con l’arte di lavorare i cenci. Le persone che vi abitavano si conoscevano più o meno tutte per nome, andavano a fare la passeggiata domenicale in centro, passavano dal Duomo, poi attraverso il Corso arrivavano il Piazza del Comune, compravano i biscotti di Mattonella, si fermavano a fare due chiacchiere con l’ortolano, il pollaiolo e il giornalaio e poi tornavano a casa, a riposarsi in attesa di tornare al telaio il lunedì mattina.

Erano gli anni del dopoguerra, del boom economico, e la cittadina del centro Italia si chiamava Prato. Era una cittadina piccola ma molto laboriosa, con i pensieri sempre rivolti al lavoro, al telaio, agli stracci, ai filati e alla lana.

Poi la cittadina è cresciuta, è diventata grande. Molte persone meno fortunate e senza lavoro, provenienti soprattutto dal Meridione, hanno trovato a Prato terreno fertile per la propria attività e la possibilità di costruirsi una famiglia. Prato ha accolto tutti, con generosità e benevolenza: il Buzzi, il Cicognini, Curzio Malaparte e Filippo Mazzei, il Bisenzio e la Vallata, il Castello dell'Imperatore e la Sacra Cintola, il Teatro Metastasio e il Corteggio Storico, sono diventati patrimonio comune di tutti, anche dei nuovi arrivati.

I pratesi hanno iniziato a scoprire anche la periferia, le zone al di fuori delle mura cittadine: sono cresciute frazioni come Galcetello, Figline, Santa Lucia, Castellina, solo per citarne alcune. La città si è a poco a poco estesa, ha iniziato a chiedere più visibilità anche a livello istituzionale, costretta com’era a stare sotto Firenze, in una sudditanza che non si poteva più sopportare. E così è arrivata la Provincia, piccola ma importante, che racchiude tutto il distretto tessile pratese e che si estende dalla Vallata fino ai comuni medicei di Poggio a Caiano e Carmignano.

L’allargarsi della città ha portato sicuramente molti benefici ai suoi abitanti; purtroppo è cresciuto man mano anche il tasso di criminalità. La gente oggi si sente meno sicura di un tempo e l’aumento dei cittadini extracomunitari ha contribuito in questo senso. Prato oggi è una città multirazziale e multiculturale: all’inizio sono arrivati dal Maghreb, dal Nord Africa, dal Senegal; poi abbiamo assistito all’ondata degli albanesi e di coloro che provenivano dall’Est Europeo, spinti dalla voglia di conoscere e di vivere in un sistema diverso da quello comunista, opprimente e liberticida, per assaggiare un pezzetto d'Occidente, così prospero e generoso di benessere per tutti. Infine è arrivata l’ondata cinese che in pochi anni ha trasformato la fisionomia economica, sociale e culturale della città.

Il problema cinese, ormai ampiamente documentato giornalmente dai quotidiani, ha portato Prato ad essere una città che ospita una delle più cospicue comunità orientali. Contrariamente a quanto hanno fatto gli altri immigrati, i cinesi non si sono potuti o voluti integrare nel tessuto sociale della città, creando invece una propria zona di residenza dove vivono e lavorano, che può essere paragonata senza esagerazioni alle ben più famose Chinatown delle città americane dove si sono stabiliti nel secolo scorso.

Agli orientali vengono attribuite colpe per la crisi del tessile a Prato, accusati di praticare una concorrenza sleale nei confronti del distretto, sfruttando lavoratori minorenni e non rispettando le regole di natura sindacale e sanitaria.

Al fenomeno cinese vengono inoltre attribuite colpe di carattere sociale, dovute alla spaccatura tra la “loro città” e il resto del territorio.

Con la crescita della città, il centro storico di Prato ha perso a poco a poco quella funzione di fulcro che aveva prima. Molti negozi, anche di prestigio, si trovano adesso al di fuori delle mura cittadine e per i negozianti del centro la vita si è fatta un po’ più dura, anche perché per chi viene dalla periferia e vuole andare a fare spese incombe il problema del parcheggio, che ormai si trova soltanto a pagamento, e lontano dalle strade principali del centro. Tutto ciò è stato aggravato anche dalla costruzione del centro commerciale de “i Gigli”, uno dei più grandi d’Italia, che offre alle persone la possibilità di passeggiare in un una sorta di “corso” virtuale, ma con tutti i vantaggi dell’aria condizionata d’estate, del riparo di un tetto d’inverno e del conforto di bar e ristoranti per chi si vuole riposare dalle fatiche dello shopping. Anche i vecchi proprietari di cinema del centro hanno subito un duro colpo dopo l’apertura di una multisala proprio accanto a “i Gigli” che offre molti più confort delle vecchie sale.

L’estate è forse il momento in cui la città si vivacizza un po’ di più, grazie anche ad una iniziativa del Comune per tenere aperti i negozi un giorno alla settimana fino a tarda sera, accanto ad un ricco cartellone di concerti e di altre proposte.

Questo fatto dovrebbe far riflettere su come cercare di rivitalizzare il centro storico non solo nel periodo estivo ma anche durante tutto l’anno. La risposta positiva delle persone a questa iniziativa fornisce uno spunto importante: perché in occasione di questi eventi il centro si riempie? Primo fra tutti riemerge il problema dei parcheggi: le persone sono più motivate perché la sera il posteggio non si paga e in secondo luogo emerge il fattore dell’intrattenimento, che si presenta come un servizio aggiuntivo capace di generare un nuovo modo di frequentare il centro storico: lo shopping esperenziale. Camminare per il centro in compagnia, fermasi nelle principali piazze e trovare un concerto musicale o spettacoli come sfilate o altro fornisce ai consumatori emozioni capaci di richiamare l’attenzione sui negozi e favorire il consumo.

Negli ultimi anni infatti sta emergendo sempre più la voglia dei consumatori di inserire all’interno delle vecchie abitudini di acquisto una parte di intrattenimento e di ricerca emozionale. Questi servizi per il momento trovano attuazione soprattutto all’interno della grande distribuzione (ad esempio “i Gigli”) e sono stati i fattori di successo che hanno permesso di modificare i consumi in modo radicale, ma che ancora non vengono recepiti abbastanza dalle altre forme di distribuzione come appunto i centri storici. E allora perché non prendere spunto da questi fattori e cercare di calarli all’interno della realtà pratese in un progetto a largo respiro? Un primo passo potrebbe prevedere la realizzazione di una struttura architettonica capace di mettere al riparo le persone dalla pioggia o dal freddo, capace di creare suggestione nelle persone e quindi portare il centro a competere con i centri commerciali anche in giornate fredde o piovose. Un tale progetto dovrebbe poi essere affiancato da una efficace gestione dei servizi aggiuntivi che compongono l’offerta: intrattenimento per bambini e per adulti, servizi logistici meno costosi e semplificati. Proprio la logistica deve giocare un ruolo fondamentale: infatti perché un cittadino dovrebbe preferire pagare un parcheggio per recarsi in città quando in un centro commerciale può trovare un’ampia zona per posteggiare l’auto in modo gratuito e in più avere anche dei servizi aggiuntivi rispetto al centro pratese? Il denaro speso per il parcheggio potrebbe essere impiegato per poter usufruire di un ulteriore servizio, magari di un sistema di piccole auto elettriche capaci di collegare la zona di parcheggio con il centro. In questo modo anche una persona anziana o invalida potrebbe facilmente raggiungere i negozi di via del Serraglio, di via Mazzoni o di via Garibaldi; inoltre potrebbe essere motivo di attrazione per i bambini.

L’atmosfera assumerebbe tutto un altro aspetto: facilitazione negli spostamenti, zone dedicate all’intrattenimento dei bambini in modo da favorire gli acquisti delle madri, più sicurezza e sorveglianza. Proprio come il centro di una grande città dovrebbe essere.

Un comparto così non avrebbe niente da invidiare ai centri commerciali con i quali i commercianti di Prato si trovano costretti a competere. Purtroppo lasciare il centro al suo corso naturale non è più possibile: i tempi cambiano continuamente, il marketing è riuscito a spostare le preferenze delle persone verso consumi emozionali in cui l’offerta è sempre più arricchita ed in cui i consumatori difficilmente sono disposti a tornare indietro.

La piccola città di un tempo in cui la tradizione si univa al consumo sta cambiando e adesso Prato, come tutte le grandi città, ha bisogno di una svolta per poter adeguare il costume ai cambiamenti, ed evitare che questo si trasformi e si trasferisca altrove.

Purtroppo alla crescita della città non solo non è corrisposta un’ adeguata valorizzazione del centro a livello commerciale, ma anche i luoghi dove divertirsi, dove incontrarsi, dove passare il week-end tendono a diminuire invece che ad aumentare. Prato ad oggi è una città che non offre molti divertimenti e le discoteche che sono nate, non hanno resistito più di un paio d’anni. Molto spesso i giovani il sabato sera devono emigrare verso i locali di Firenze o verso quelli della Versilia, che sicuramente offrono più attrattive rispetto ai soliti pubs cittadini.

E’ vero, molti soldi pubblici sono stati spesi per abbellire la città: negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita e alla crescita dei percorsi ciclabili (che hanno dato un po’ di respiro ha chi pratica questo sport), alla creazione del nuovo polo universitario di Piazza Ciardi, alla ristrutturazione di buona parte del centro (penso a Piazza Sant’Agostino). E’ nato il nuovo parcheggio del Serraglio, la viabilità è stata modificata con la costruzione di molte rotonde, è stato creato il Museo del Tessuto e ristrutturate le Mura del Cassero, è in costruzione la nuova stazione ferroviaria di San Paolo.

Come dicevo, molti soldi sono stati spesi, ma è necessario che si intervenga ancora affinché il centro storico non muoia e non si riduca a luogo di bivacco, frequentato solo da extracomunitari, e affinché le persone non abbiano più paura ad avventurarvisi da sole la sera.

La Prato di oggi è ormai una lontana parente di quella di cui parlavo all’inizio e della quale si sente ormai raccontare soltanto dai nonni. Tutto è più moderno, più veloce, più tecnologicamente avanzato. Prato, con i suoi mille problemi e con una crisi dalla quale si spera di uscire presto, è ancora in fondo all’animo la cittadina delle passeggiate in centro la domenica mattina, dei biscotti di Mattonella e del Corteggio Storico. Dobbiamo andare avanti, migliorare la nostra città amalgamando la modernità con le nostre tradizioni migliori, di cui dobbiamo andare orgogliosi. Come diceva Curzio Malaparte: “Io son di Prato, m’accontento d’essere di Prato e se non fossi nato a Prato, vorrei non esser venuto al mondo”. Ma questa è un’altra storia.

da Laura C.

1 commento:

  1. Io son di Prato, m’accontento d’essere di Prato e se non fossi nato a Prato, vorrei non esser venuto al mondo...ma che ha girato un pò il mondo questo Malaparte?

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