A proposito dell’insidacabile "diritto della donna alla propria autedeterminazione". Così viene chiamato il diritto alla scelta se abortire o meno. La puntata di ieri di “Forum”, all’ora di pranzo, parlava proprio di questo. Una signora chiedeva i danni al medico per non aver visto, con diagnosi prenatale, la malattia del figlio, affetto da nanismo. Ebbene, se avesse saputo avrebbe deciso. Io ho assistito soltanto alla lettura del dispositivo, da parte del Giudice, quindi non so che cosa la signora ha dichiarato quanto alla decisione che avrebbe preso circa la nascita della creatura.
So però che il giudice ha condannato il medico al risarcimento danni quantificato in via equitativa in oltre un milione di Euro, per la violazione del diritto inviolabile della donna all’autodeterminazione eccetera eccetera.
Dietro a tutto questo c’è un pradosso agghiacciante, che non riguarda il diritto della donna in sè, ma quello che ne consegue in un sistema come il nostro.
Quel bambino, nel nostro mondo evoluto e “morbido”, attendo a non urtare nessuno con termini crudi, anzi, crudeli, non verrà mai chiamato “nano”, la maestra a scuola sicuramente riprenderà e punirà chi userà questo termine per lui, tutt’al più affetto da handicap, no, non si dice nemmeno così, disabile (disabile in cosa?), insomma tutto ma non nano.
Nel frattempo però qualcuno gli potrà raccontare forse la verità, cioè che la madre ha chiesto e ottenuto il risarcimento dei danni sofferti, perché lui, non nano, per carità, ma affetto da nanismo, è nato.
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