In prima pagina de La Padania (giornale delle "LEGA NORD per l'Indipendenza della Padania"`) si parla di un Modello Prato, in concomitanza della visita del Ministro Maroni. In attesa di commentare le iniziative proclamate dal quotidiano leghista per rafforzare il patto per la sicurezza cittadino e scoprire come intende fare per rafforzare le forse dell'ordine e rendere possibile un CIE in Toscana, specie per quanto riguarda il fenomeno cinese (solo accordi fra i due Governi interessati Italia-Cina può garantirne l'efficacia), non piace quanto si legge nel commento di Paola Pellai "Che, appunto, non è stato un giorno senza dimostrarsi Governo del fare. È di una settimana fa il blitz delle forze dell’ordine nella Chinatown pratese di via Rossini, che ha portato al sequestro di 4 capannoni, all’identificazione di duecento cinesi e al foglio di via per 68 dipendenti-schiavi."
Molti di non sono per la senplificazione e per la banalizzazione del fenomeno cinese di Prato, a cui abbiamo assistito sin troppe volte. Il Fenomeno Cinese è oggi tutt'uno con il fenomeno Prato. Un insieme intricato di criticità e potenzialità, tutta da leggere, studiare e risolvere.
Prato è stata sino ad oggi lasciata da sola. Ciò che accade oggi è soprattutto merito o demerito (a secondo delle diverse sensibilità) della giunta; nel caso del Sindaco e dell'assessore Milone. Qualcosa è difatti in movimento. Qualche luce si è accesa su quella Prato al centro di uno dei casi più eclatanti di cambiamento di giubba.
Abbiamo bisogno di organici delle forze dell'ordine, di "intelligence" per tagliare la testa al dragone che dirige lo sfruttamento e il giro di capitali verso la cina; abbiamo bisogno di un accordo che garantisca l'espulsione di chi si rende colpevole di reato e quindi del CIE.
Questo quanto al bastone! C'è bisogno però anche della carota.
Non possiamo credere che risolvere l'emergenza (che come abbiamo vista già contiene elementi di difficoltà non indifferenti) non debba essere svolto in un'ottica amministrativa di buon governo della città, nel rispetto del mondo del lavoro e delle persone che ne sono attori.
Non è sufficiente gridare "alle armi" e credere che il più sia stato fatto!
Il più deve ancora avvenire. Un popolo, una comunità deve sapere dove vuole andare e come vuole percorrere il cammmino, dotandosi delle attrezzature necessari a tutela anche di ciò che ha di più caro, come la nostra identità, i nostri valori. Fra questi ci sono i valori del rispetto, che pretendo ma devo essere pronto a dare. Della Giustizia (idem).
Il lavoro al primo posto della nostra nuova Prato. Valorizziamo ogni forma di lavoro sul territorio senza distinzione di sesso razza o religione. Facendo questo metteremo sullo stesso piano la persona, il rispetto delle regole e la sicurezza.
Il Modello PRATO dovrà essere questo ed il governo questo deve compiutamente comprendere, dotando la nostra città dei mezzi per uscire dalla crisi. Una comunità impoverita, di sostanze economiche e di principi identitari, è facile preda dei fenomeni legati alla criminalità e alla corruzione. Un corpo indebolito, facilmente si ammala. Priorità: ridare vigore al nostro corpo, alle nostre certezze al nostro futuro.
Non abbiamo bisogno di strumentalizzazione di parte, ma di risposte concreto ed impegno per uscire dalla crisi che ci interessa particolarmente. Il messaggio in sostanza deve essere quello che ci aveva contraddistinto qualche mese fa: "Uniti si Vince". Le prossime elezione, il clima di difficoltà rischia invece di pericolosi passi indietro (la cronaca cittadina di questi giorni la testimonia).
Concludo con una riflessione del Cardinale Bagnasco che in via analogica può trovare riconoscimento, con i doverosi distinguo anche a Prato:
«Gli episodi di contestazione sociale che, attorno al fenomeno degli immigrati, hanno recentemente avuto luogo in Calabria, e specialmente a Rosarno e nella Piana di Gioia Tauro, potrebbero in una certa misura essere anch’essi ricondotti alla difficile crisi economica che l’Italia come gli altri Paesi si è trovata ad affrontare. Ritengo che l’opinione pubblica nazionale abbia con l’occasione potuto avviare una riflessione che nessuna ruspa può facilmente rimuovere. Voci sagge si sono alzate per dire cose importanti, da non scordare. Io vorrei riprendere le parole essenziali che il Pontefice ha usato per centrare «il cuore del problema»: «Bisogna ripartire dal significato della persona. Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita» (Saluto all’Angelus, 10 gennaio 2010). Niente può farci dimenticare questa verità: l’immigrato è uno di noi; noi italiani siamo stati a nostra volta immigrati, e prima di noi lo è stato Gesù. Bisogna partire da qui, e mai staccarsi da questa consapevolezza che va incardinata nei pensieri personali e collettivi degli adulti, come dei giovani e dei bambini».
Francesco Querci
Consigliere Provinciale UDC
Molti di non sono per la senplificazione e per la banalizzazione del fenomeno cinese di Prato, a cui abbiamo assistito sin troppe volte. Il Fenomeno Cinese è oggi tutt'uno con il fenomeno Prato. Un insieme intricato di criticità e potenzialità, tutta da leggere, studiare e risolvere.
Prato è stata sino ad oggi lasciata da sola. Ciò che accade oggi è soprattutto merito o demerito (a secondo delle diverse sensibilità) della giunta; nel caso del Sindaco e dell'assessore Milone. Qualcosa è difatti in movimento. Qualche luce si è accesa su quella Prato al centro di uno dei casi più eclatanti di cambiamento di giubba.
Abbiamo bisogno di organici delle forze dell'ordine, di "intelligence" per tagliare la testa al dragone che dirige lo sfruttamento e il giro di capitali verso la cina; abbiamo bisogno di un accordo che garantisca l'espulsione di chi si rende colpevole di reato e quindi del CIE.
Questo quanto al bastone! C'è bisogno però anche della carota.
Non possiamo credere che risolvere l'emergenza (che come abbiamo vista già contiene elementi di difficoltà non indifferenti) non debba essere svolto in un'ottica amministrativa di buon governo della città, nel rispetto del mondo del lavoro e delle persone che ne sono attori.
Non è sufficiente gridare "alle armi" e credere che il più sia stato fatto!
Il più deve ancora avvenire. Un popolo, una comunità deve sapere dove vuole andare e come vuole percorrere il cammmino, dotandosi delle attrezzature necessari a tutela anche di ciò che ha di più caro, come la nostra identità, i nostri valori. Fra questi ci sono i valori del rispetto, che pretendo ma devo essere pronto a dare. Della Giustizia (idem).
Il lavoro al primo posto della nostra nuova Prato. Valorizziamo ogni forma di lavoro sul territorio senza distinzione di sesso razza o religione. Facendo questo metteremo sullo stesso piano la persona, il rispetto delle regole e la sicurezza.
Il Modello PRATO dovrà essere questo ed il governo questo deve compiutamente comprendere, dotando la nostra città dei mezzi per uscire dalla crisi. Una comunità impoverita, di sostanze economiche e di principi identitari, è facile preda dei fenomeni legati alla criminalità e alla corruzione. Un corpo indebolito, facilmente si ammala. Priorità: ridare vigore al nostro corpo, alle nostre certezze al nostro futuro.
Non abbiamo bisogno di strumentalizzazione di parte, ma di risposte concreto ed impegno per uscire dalla crisi che ci interessa particolarmente. Il messaggio in sostanza deve essere quello che ci aveva contraddistinto qualche mese fa: "Uniti si Vince". Le prossime elezione, il clima di difficoltà rischia invece di pericolosi passi indietro (la cronaca cittadina di questi giorni la testimonia).
Concludo con una riflessione del Cardinale Bagnasco che in via analogica può trovare riconoscimento, con i doverosi distinguo anche a Prato:
«Gli episodi di contestazione sociale che, attorno al fenomeno degli immigrati, hanno recentemente avuto luogo in Calabria, e specialmente a Rosarno e nella Piana di Gioia Tauro, potrebbero in una certa misura essere anch’essi ricondotti alla difficile crisi economica che l’Italia come gli altri Paesi si è trovata ad affrontare. Ritengo che l’opinione pubblica nazionale abbia con l’occasione potuto avviare una riflessione che nessuna ruspa può facilmente rimuovere. Voci sagge si sono alzate per dire cose importanti, da non scordare. Io vorrei riprendere le parole essenziali che il Pontefice ha usato per centrare «il cuore del problema»: «Bisogna ripartire dal significato della persona. Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita» (Saluto all’Angelus, 10 gennaio 2010). Niente può farci dimenticare questa verità: l’immigrato è uno di noi; noi italiani siamo stati a nostra volta immigrati, e prima di noi lo è stato Gesù. Bisogna partire da qui, e mai staccarsi da questa consapevolezza che va incardinata nei pensieri personali e collettivi degli adulti, come dei giovani e dei bambini».
Francesco Querci
Consigliere Provinciale UDC
E' da tempo che sostengo la visione di Prato come "laboratorio di integrazione" (cfr. Crocevia 2007 e 2008) ed è chiaro che Prato possa diventare - finalmente agli occhi nazionali - "modello di interazione". Querci stesso , coerentemente al programma politico fin qui elaborato dall'UDC dalle passate amministrative, non rivendica altro che la priorità del punto di partenza di questo "modello" : il lavoro (ovvero, il punto di vista partendo dalla crisi di Prato, socio-economica) . Se , infatti , il "modello Prato" è visto nella sua specificità socio-economica , la questione dell' "ordine" - sollevata dal Ministro Maroni - ne diventa un tassello essenziale , necessario ma non sufficiente . Cosa che , invece , la Lega rivendica come prioritario non vedendo o - meglio - non considerando il tutto dal punto di vista fondamentale . Filippo Boretti .
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