"Siamo dei colonizzati "
"Cominciammo con le immigrazioni dal sud, portando in casa nostra le colonie di Panni, della Calabria, del napoletano, dalla stessa Toscana che perdeva colpi in quei tempi soprattutto nell’aretino e ci inviava rappresentanze ubertose di coltivatori. Insegnammo loro il nostro idioma, a cominciare dalla “c” aspirata che qualche immigrato recitava con faticosa ostentazione per dimostrarsi ancor più connaturato al tessuto pratese. Ci integrammo, senza indurre le piscopatologie più frequenti dell’immigrato quali la subalternità lavorativa, la marginalità spaziale e abitativa, l’alterazione degli elementi fondamentali della personalità. Oggi ci sono in Prato più cognomi che finiscono in “o”, di quelli che terminano col toscanissimo “i”.
Dopo di loro, gli albanesi, gli africani e tant’altri ancora. Cresciamo di abitanti mentre tutte le altre province diminuiscono. Siamo insomma nella metropoli delle razze e sempre più dei cinesi, che qui arrivano, mettono radici, muoiono e si rigenerano con identico cognome tanto che non sai se sono morti davvero o si sono sublimati nei propri simili. Levammo in tempo un accorato appello noi di “forza Italia”: cinesi sì, ma non così reclamammo anche in una manifestazione svoltasi in provincia con tanto di manifesti. Ci risero dietro. Ora si sono accorti tutti, anche a sinistra, della sottovalutazione del fenomeno immigrati. Tutte le volte che troverete un pratese verace in Prato, d’ora in poi dovrete buttargli le braccia al collo e pagargli da bere. Gli immigrati siamo diventati noi, perdinci, grazie alle presunte regole dell’ospitalità e alla noncuranza dell’Amministrazione, che ha messo divieti e balzelli a noi, dimentica che nell’anarchia più assoluta degli immigrati cresceva il germe della dissoluzione di Prato, la cui identità è sempre meno riconoscibile."
Roberto Baldi
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